La scienza della Legislazione (dispense)
Sito: | Scuola di Scienze Umanistiche |
Corso: | Bianchini - Storia della pedagogia e pedagogia generale - 12/13 - EDUPROF e TRI |
Libro: | La scienza della Legislazione (dispense) |
Stampato da: | Utente ospite |
Data: | domenica, 24 novembre 2024, 13:54 |
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Gaetano Filangieri,
Libro quarto, Delle leggi che riguardano l'educazione, i costumi e l'istruzione pubblica
(1785)
Dell'universalità di questa pubblica educazione
Qual differenza tra una repubblica di poche migliaia di cittadini ed una monarchia di più milioni di sudditi; tra le mura di una picciola città e i confini d'un vasto impero; tra un popolo unicamente occupato nelle armi ed una nazione contemporaneamente guerriera ed agricola, manifatturiera e commerciante; tra popoli, ove la più perfetta uguaglianza de' beni si trovava rare volte alterata e popoli ove la maggiore uguaglianza che si potrebbe sperare ed ottenere dalle buone leggi sarebbe che non vi fosse l'eccesso dell'opulenza da una parte, e l'eccesso della miseria dall'altra!
Queste poche riflessioni basteranno, io spero, per mostrarci la differenza che vi dev'essere tral sistema dell'educazione pubblica degli antichi e quello dell'educazione pubblica dei moderni. L'uno e l'altro possono e debbono però rassomigliarsi in un solo articolo, e questo è quello dell'universalità. Se una sola classe di cittadini venisse esclusa dalla pubblica educazione, il mio piano sarebbe imperfetto e vizioso. [
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Della possibilità di questa intrapresa
[
...] L'educazione pubblica, per essere universale, non ha bisogno né di questa uniformità, né di questo sistema, né di questi mezzi. Essa richiede che tutti gli individui della società possano partecipare all'educazione del magistrato e della legge, ma ciascheduno secondo le sue circostanze e la sua destinazione. Essa richiede che il colono sia istituito per esser cittadino e colono e non per essere magistrato o duce. Essa richiede che l'artigiano possa ricevere nella sua infanzia quell'istituzione che è atta ad allontanarlo dal vizio, a condurlo alla virtù, all'amore della patria, al rispetto delle leggi, ed a facilitargli i progressi nella sua arte; e non già quella che si richiede per dirigere la patria ed amministrare il governo. L'educazione pubblica finalmente, per essere universale, richiede che tutte le classi, tutti gli ordini dello Stato vi abbiano parte; ma non richiede che tutti questi ordini, tutte queste classi vi abbiano la parte istessa. In poche parole, essa dev'essere universale, ma non uniforme; pubblica, ma non comune.
Sotto questo aspetto considerata l'universalità della pubblica educazione, i dubbi contro la possibilità di questa intrapresa nelle grandi nazioni e ne' moderni popoli cominciano già a dileguarsi; ed io spero di dissiparli interamente coll'esposizione del piano che ho pensato.
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Ripartizione del popolo
Io divido da principio in due classi il popolo. Nella prima comprendo tutti coloro che servono o potrebbero servire la società colle loro braccia; nella seconda coloro che la servono, o potrebbero servirla coi loro talenti. Soddivido quindi ciascheduna di queste due classi principali nelle varie classi secondarie che a ciascheduna di esse appartengono. Senza né numerarle, né tutte indicarle, niuno può ingannarsi nel vedere quali appartengono all'una e quali all'altra.
Niuno per esempio s'ingannerà nell'attribuire alla prima, ch'è la più numerosa, le diverse classi secondarie che si compongono da coloro che si destinano all'agricoltura, a' mestieri, alle arti tutte meccaniche, eccetera, e d'attribuire alla seconda, ch'è la meno numerosa, quelle secondarie classi che si compongono da coloro che si destinano alle arti liberali, al commercio, a servir l'altare, a riparare a' mali fisici dell'uomo, ad istruirlo, a condurre gli eserciti, a guidar le squadre, ad amministrare il governo, a diffondere i lumi, eccetera.
[
...]
Del nudrimento
Io comincio dal nudrimento. La quantità e la qualità de' cibi avendo una grande influenza sul fisico e sul morale dell'uomo, avendone anche una grandissima sullo sviluppo intellettuale de' fanciulli, il legislatore non dee trascurare di regolare questa parte della loro fisica educazione. L'educazione pubblica gli offre il sicuro mezzo da riuscirci, e questo è anche un altro gran vantaggio di questa istituzione.
La scelta della qualità e della quantità de' cibi dipendendo molto dal clima e dalla natura di ciaschedun paese, io non potrei riguardo a quest'oggetto venire a dettagli senza dimenticarmi dell'universalità del mio argomento. Lascio a' medici che hanno le giuste nozioni della loro arte senza averne i pregiudizi, la cura di supplire in ciaschedun paese alla necessaria imperfezione di questa parte del mio piano. Accenno soltanto alcuni princìpi più generali, che mi paiono i più suscettibili d'una universale applicazione; e dico prima d'ogni altro che i fanciulli avendo una più celere digestione ed una più frequente indigenza di nudrimento, non si potrebbero loro negare delle frequenti refezioni senza opporsi al volere della natura, ch'evidentemente ce ne annuncia il bisogno. Il pane dovrebbe loro darsi in qualunque momento del giorno verrebbe da essi richiesto. Un fanciullo, dice Locke a, che si contenta di questo ristoro, mostra che il suo bisogno era reale e non immaginario. Il serbatoio del pane, dice l'autore celebre dell'Emilio b, ch'è sempre esposto e sempre aperto pe' fanciulli della campagna, non produce in essi quelle indigestioni, alle quali sono così esposti i fanciulli della città e delle più nobili condizioni, l'appetito de' quali trattenuto da' pregiudizi de' genitori si satolla disordinatamente sempre che l'occasione se ne presenta all'affamato fanciullo. Oltre l'illimitato ristoro del pane, oltre il pranzo e la cena, due altre refezioni dovrebbero essere assegnate a' fanciulli, e queste dovrebbero raggirarsi a' frutti della stagione e del paese, ed al pane. Il pranzo dovrebbe esser composto di una, ed in qualche giorno di due vivande, e de' frutti della stagione; ed una zuppa di pane ben disseccato basterebbe per la cena.
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L'uniformità de' cibi dovrebbe essere evitata per due ragioni che mi paiono evidenti. La prima sarebbe per non avvezzare ad un solo nudrimento lo stomaco dell'uomo, il quale sarebbe subito in disordine, quando venisse quel tal cibo a mancargli. Una delle gran cure dell'educazione dev'essere di diminuire e non di moltiplicare i bisogni. Or l'uniformità de' cibi si opporrebbe a questo riconosciuto principio. La seconda ragione poi è dedotta da un'osservazione medica, anche comunemente approvata. Si è osservato che la varietà delle cose semplici fa un miglior chilo che la continuità di un medesimo alimento, per buono ch'egli sia, poiché gli alcali e gli acidi, dominando più o meno ne' diversi cibi, i succhi di un'altra specie si combinano col residuo, col sedimento dell'anteriore cibo che si ritrova nello stomaco, trasportano unitamente con essi questi residui negl'intestini e lo sgravano da' cattivi lieviti delle precedenti digestioni. Si è osservato anche che gli uomini, i quali si nudriscono ordinariamente d'un solo cibo, sono più esposti alle malattie umorali di coloro che variano; e si è attribuito quest'effetto alla mancanza della suddetta combinazione.
[... ]
Riguardo all'acqua, secondar si dovrebbe l'imperiosa voce della natura in qualunque occasione ed in qualunque tempo venisse a richiederla. Il contrario pregiudizio è stato combattuto fino all'evidenza, ed io fido troppo su' lumi del secolo, per credermi dispensato dal provare le verità già provate.4
Del sonno
Il miglior cordiale, dice Locke, che la natura ha preparato all'uomo, è il sonno a. Noi vi troviamo in fatti la riparazione delle nostre forze, il ristoro delle nostre fisiche e morali facoltà, ed una dolce tregua alle cure che pur troppo accompagnano la veglia de' sociali esseri della nostra specie. Necessario al vecchio, al giovane ed al fanciullo, non esige però l'istesso tempo in tutte l'età della vita. I vecchi, ne'quali la diminuzione delle forze è compensata dall'inerzia di quest'età, hanno bisogno di una minor quantità di questo ristoro che i giovani, ne' quali il vigore delle forze è accompagnato da un proporzionato moto; ed i giovani ne richiedono a vicenda una quantità minore de' fanciulli, poiché negli ultimi la debolezza combinata colla massima mobilità richiede un più lungo ristoro alle loro forze meno estese e più esercitate.
L'infanzia è dunque l'età della vita ch'esige un più lungo sonno; la natura ce lo mostra evidentemente; e noi dobbiamo secondarla. Il legislatore assegnerà dieci ore al sonno di ciaschedun fanciullo di questa prima classe nel momento del suo ingresso; e questo tempo si diminuirà a proporzione che cresce la sua età, in maniera che sarà ristretto a sette ore nell'ultimo anno della sua educazione.
La notte sola sarà serbata a questo ristoro ed il legislatore proibirà in questa classe il sonno pomeridiano in qualunque stagione. La destinazione di questi fanciulli richiede questa disposizione, come il contrario stabilimento vi si opporrebbe.
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Del vestimento e della nettezza
La pelle, unica veste della quale la natura ha provveduto l'uomo, potrebbe bastargli quando fosse indurita alle impressioni dell'aere ed avvezza a disprezzare le sue alterazioni. L'esempio di molti popoli e la risposta celebre dello scita Anacarsi ci mostrano la possibilità di ottenere nel resto del corpo quello che noi ottenuto abbiamo nel volto. Io non pretendo di restituire gli uomini al primiero stato di nudità; io non pretendo di privarli de' comodi e de' piaceri, che il progresso della società e delle arti loro somministra. Io vorrei soltanto che l'uomo, profittando de' soccorsi dell'arte, non rinunciasse a quelli della natura, in maniera che, quando i primi venissero a mancargli, gli ultimi non gli fossero inutili.
Per qual motivo dovremmo noi avvezzare i fanciulli, quelli particolarmente di questa classe, ad aver sempre sotto i loro piedi la pelle di un bue? Avvezzandogli a servirsi della loro propria, li priveremo noi per questo del comodo di andar calzati, allorché saranno adulti? Ma facendo loro portar le scarpe, quando queste venissero loro a mancare, troverebbero essi le piante dei piedi incallite a segno di poter reggere ad un lungo cammino?
I piedi dunque de' fanciulli di questa prima classe saran nudi. Un lungo e largo calzone di tela garantirà le loro cosce e le loro gambe; il resto del corpo sarà coverto da una camicia ruvida, ma spesso cangiata, e da una larga veste di lana o di cottone, che terminando alla cintura, potrà incrocicchiarsi per davanti, senza aver bisogno di legamento alcuno. Essi potranno così nel verno come nella state spogliarsi di questa veste sempre che loro aggrada, e dovranno abbandonarla tutte le volte che il custode l'ordinerà loro, a seconda delle istruzioni che gli saran date. Il loro capo sarà garantito da' raggi del sole e dalle piogge da una berretta di cuoio; e per ovviare al lungo tempo che richie|derebbe la cura de' capelli, noi stabiliremo di tagliarli a misura che crescono, senza per altro trascurare la nettezza del capo, che dovrebbe essere in ciaschedun giorno diligentemente ripulito. Il volto, le mani e i piedi dovrebbero almeno una volta al giorno esser lavati nell'acqua fredda alla presenza del custode; ed il resto del corpo si laverebbe nei giorni destinati all'istruzione del nuotare.
[... ]5
Degli esercizi
Il movimento ed il desiderio di muoversi costituiscono una gran parte dell'esistenza fisica de' fanciulli. Questo è un dono, che l'Autore della natura concede loro in quell'età d'ingremento, nella quale le fibre e le tuniche de' vasi han bisogno d'un urto maggiore per essere allungate ed estese, e favorire in questo modo lo sviluppo universale della macchina. La circolazione inoltre non sarà mai così felice ne' fanciulli; imperfette saranno le digestioni e le separazioni; mal preparato sarà il chilo, tutte le volte che questo necessario movimento verrà impedito o trattenuto. Ministra della sanità e della vita, la natura ce ne indica i mezzi, e l'uomo orgoglioso o stupido disprezza o non intende le sue lezioni, e sostituisce agl'insegnamenti dell'istinto gli errori della ragione. Che un vizio così comune sia da noi lontano. Ascoltiamo i precetti del grande artefice, secondiamo i suoi disegni, calchiamo le sue tracce, concorriamo a' suoi fini co' suoi mezzi, e serviamoci degl'istessi suoi istrumenti per perfezionare la sua opera.
Tutti gli esercizi atti a fortificare il corpo saranno non solo tollerati, ma prescritti dalla legge. Nelle ore destinate a quest'oggetto i fanciulli di questa classe saranno a vicenda invitati a correre, a saltare, a salire sugli alberi, a far delle lutte, ad elevar de' pesi, a scagliarli, a trasportarlia, a sperimentare, misurare ed usare in vari modi le loro forze, ad accrescere il vigore e l'agilità delle loro membra, e a dare a' loro corpi quell'energia e quella robustezza che si perde nel languore e nell'inazione.
Per dare a questi esercizi i vantaggi di un'utile emulazione e di un maggior brio, d'un certo spirito di società e d'una occulta, ma necessaria direzione, il legislatore stabilirà che nelle ore a questi esercizi destinate, tutti i fanciulli della comunità siano da' respettivi loro custodi nell'istesso luogo condotti, ed insieme mescolati senza distinzione alcuna.
Il magistrato della comunità presederà a questi esercizi, ed in suo luogo il più antico de' custodi. Alcuni piccoli premi, tutti in distintivi d'onore consistenti, di tempo in tempo assegnati a chi supererà gli altri in alcuni di questi esercizi, daranno al magistrato il mezzo da promuovere quegli esercizi ch'egli crede i più utili, senza togliere a' fanciulli la libertà di divertirsi a loro talento; ed ecciteranno nel tempo istesso la passion della gloria in questi nascenti cuori non ancora soggiogati dalle vili passioni b.
Né la pioggia, né la neve, né il gelo, né i venti, né il gran caldo, né il gran freddo priveranno i fanciulli de' piaceri e de' vantaggi di esercizi così utili. In questi giorni, più che negli altri, questi diverranno più profittevoli, perché agli altri vantaggi uniranno quelli di avvezzare i fanciulli all'intemperie delle stagioni ed a tutte le alterazioni dell'aere. Sarà cura di ciaschedun custode di farli bene asciugare, allorché saran di ritorno nelle rispettive loro case; e questo sarà il solo caso nel quale si permetterà ai fanciulli di avvicinarsi al fuoco. Fuori di questo caso essi ne saran sempre lontani.
[... ]a In qualunque modo, fuorché sul capo, essendo la sede di tutti i nervi, dal quale si ramificano e si distribuiscono nel resto del corpo, caricandosi di qualche peso alquanto considerabile, si comprimono troppo le vertebre del collo, e non essendo il peso a perpendicolo, può la spina del dorso piegarsi da uno de' lati, e soffrirne anche del danno la midolla allungata. I custodi impediranno dunque di portare de' pesi sul capo.
b «In omnibus enim ludendo conari debemus, ut eo voluptates et cupiditates puerorum vertamus, quo eos tandem pervenire cupimus. Caput autem disciplinae rectam educationem dicimus, quae ludentis animum in amorem praecipue illius perducit, quod virili aetate perfecte sit comparata virtute artis ejus jam acturus». Plato, De legib[us], Dial[ogus] I.
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Ritornando agli esercizi, che formano l'oggetto di questo articolo, io credo di non doversi ommettere il nuotare. Il noto detto de' latini e de' greci ci fa vedere quanto comune fossel a cognizione di quest'arte, e quanto ne fosse ignominiosa l'ignoranza c. In tutte quelle comunità, nelle quali lavicinanza del mare o de' fiumi permette quest'esercizio, non si dovrebbe trascurare una volta almeno la settimana. Così nella state, come nel verno d, si dovrebbe ne' stabiliti giorni apprendereo esercitare quest'arte, colla sola differenza che non si dovrebbe mai dar principio a quest'istruzione che nella state. Il fanciullo verrebbe in questo modo per gradi avvezzato a reggere a' progressi del freddo, e preparato a disprezzare il gelido freddo dell'acqua nel verno.
La robustezza che quest'esercizio darebbe ai corpi sarebbe superiore a qualunque espettazione, giacché noi sappiamo che col solo uso de' bagni freddi si è dato agli uomini più gracili il vigor de' più forti e .
A questo beneficio si unirebbequello d'istruire i fanciulli in un'arte, l'ignoranza della quale è costata e costa ogni giorno la vita a tanti uomini, e vi si unirebbe anche quello di conservare la nettezza de' corpi, così utile alla sanità del corpo ed alla energia dell'animo.
A quest'esercizio, che sidovrebbe almeno una volta la settimana ripetere, noi ne aggiugneremo un altro,che non dovrebbe esser meno frequente. Il profondo autore dell'Emilio f mi suggerisce quest'idea, ch'egli istesso ha forsi attinta dalle opere immortali del più grande osservatore della natura edel più eloquente scrittore della Francia g. Egli consiglia pe' fanciulli i giuochi notturni. Quest'avvertimento, dice egli, è più importante di quel che apparisce. La notte spaventa naturalmente gli uomini, e qualche volta gli animali. La ragione, le cognizioni, lo spirito, il coraggio liberano pochi uomini da questo tributo. Si attribuisce quest'effetto a' conti delle balie e si erra; vi è una causa naturale. Questa è l'istessa di quella che rende i sordi diffidenti ed il popolo superstizioso: l'ignoranza delle cose che ci circondano e di ciò che avviene intorno a noi. Avvezzi a scovrire da lungi gli oggetti e di prevedere anticipatamente le loro impressioni, quando più non si vede, né si può vedere ciò che ci circonda,l'immaginazione dell'uomo si accende, gli fa vedere mille esseri, mille movimenti, mille accidenti, che possono nuocergli, e da' quali è impossibile ilg arantirsi. Per quanta prevenzione egli abbia d'esser sicuro nel luogo dove si ritrova, egli non ne sarà mai così certo come se lo vedesse.
Egli ha, dunque, sempre un motivo da temere, che non avrebbe avuto nel giorno. Al menomo romore, del quale non può vedere la causa, l'amore della sua conservazione l'obbliga a porsi nello stato di difesa, di vigilanza, e per conseguenza nello stato di spavento e ditimore. Se egli non sente alcun romore, egli non è perciò sicuro, poiché sa che senza strepito può anche esser sorpreso. Per rassicurarsi contro questo silenzio bisogna ch'egli supponga le cose tali quali erano prima, tali quali esse sono, ch'egli vegga ciò che non può vedere. Costretto a porre in moto la sua immaginazione, egli lascia subito d'esserne il padrone, e ciò ch'egli faper rassicurarsi non serve che a maggiormente spaventarlo. I motivi di sicurezza sono nella ragione e quelli di spavento e di timore sono nell'istinto, molto di quella più forte.
A questa ragione se ne unisce un'altra. Allorché per circostanze particolari noi non possiamo avere idee giuste delle distanze, ed allorché noi non possiamo giudicare degli oggetti che per la grandezza dell'angolo, o piuttosto dell'immagine, ch'essi formano ne'nostri occhi, noi dobbiamo allora necessariamente ingannarci sulla grandezzar eale di questi oggetti. Ogni uno che ha viaggiato di notte ha sperimentato che un arbuscello che era a lui vicino gli è sembrato un grand'arbore che fosse dalui lontano; ed a vicenda ha preso un grand'arbore da lui lontano per un arbuscello a lui vicino. Se le tenebre o altre circostanze non gli permettevano neppure di distinguere gli oggetti per le loro forme, egli si sarà ingannato non solo sulla grandezza, ma anche sulla natura dell'oggetto.
[ ...]
Le due cause del male ritrovate c'indicano il rimedio. L'abito distrugge l'immaginazione, e la frequenza d'errare previene l'errore. Per quel che riguarda l'immaginazione, noi sappiamo che i soli oggetti nuovi la risvegliano, e che sopra quelli che frequentemente si veggono non agisce più l'immaginazione, ma la memoria. Per quel che riguarda gli errori della veduta, noi sappiamo anche che la frequenza di commetterli c'insegna a preservarcene. Quante volte bisogna che il fanciullo s'inganni sulla posizione e sul numero degli oggetti, prima d'imparare a vederli nella loro vera posizione e nel loro vero numero! Tutte le immagini non si formano forsi al rovescio nella retina de' nostri occhi; ciaschedun oggetto semplice non si vede forsi da noi duplicato; non ci è forse bisogno d'una lunga serie d'errori, prima che noi col soccorso della verità del tatto impariamo a correggere gli errori della vista e ci avvezziamo a veder dritti e semplici gli oggetti che noi veggiamo infatti al rovescio e doppi? Quante volte bisogna che un fanciullo stenda in vano il suo braccio per prendere un corpo ch'è molto più lontano da lui che non è la lunghezza del suo braccio, prima che impari a conoscere la distanza alla quale questo può giugnere! Quante volte il pescatore deve invano lanciare il suo colpo contro i pesci che sono nell'acqua, prima d'imparare a conoscere la grandezza dell'angolo che fa il raggio uscendo da un mezzo più denso in uno meno denso! Della maniera istessa un uomo, che si è molte volte ingannato nella notte sulla grandezza degli oggetti, imparerà a non prestar fede a' suoi sensi nelle tenebre, e dopo molti errori apprenderà a piùnon errare.
c «Necliteras didicit, nec natare». L'istesso proverbio era tra greci per additare unignorante.
d Purché il clima lo permetta.
e Vedi Lock[e], Trattato dell'educazione. sez[ione] I, l[ibro] VIII.
f [Rousseau], Emilio,lib. II.
g M. de Buffon, Istor[ia] natur[ale], t. VI, ediz[ione] in12°, dove parla dell'origine degli spettri.
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Dell'innesto del vaiuolo
a Quest'ospedale potrebbe anche essere aperto alle fanciulle dell'istessa provincia, e potrebbe nel tempo istesso amministrare questo beneficio a' due sessi.
b La fondazione delle infermerie sarebbe necessaria per evitare il contagio de' mali che tra' fanciulli sono anche più facili a comunicarsi che tra gli adulti. Quando la prossimità di varie comunità lo permettesse, se ne potrebbe fondare una per l'uso di più comunità. Questo regolamento diminuirebbe le spese e faciliterebbe il buon ordine.