Capo XLVI

Se alle figliuole si debba, o no, fare apprendere le lettere


Quanto poi alle figliuole a me sembra che, generalmente parlando, si abbia con esse a procedere del tutto diversamente; e quanto a quelle di umile e povero stato converrebbe che sapessero alquanto leggere qualche libro di preci; e quelle di mezzana condizione anche un poco scrivere: le giovani poi nobili, che sono per lo più destinate a divenire madri di famiglie cospi­cue, sarebbe ad ogni modo necessario che, oltre il sapere ben leggere e scri­vere, fossero altresì versate nei primi rudimenti ed operazioni dell'arimmetica. Ma che poi, insieme con i figliuoli, e sotto la disciplina dei medesimi mae­stri, imparino le lingue, e sappiano perorare e poetare, io, in quanto a me, non lo approvo, né so scorgere quale utilità ne possa risultare al bene pub­blico, né al particolare, delle medesime fanciulle; anzi io temo che, essendo il sesso femminile per sua natura vano, non ne divenga tanto più altiero [...]. Perciò il buon padre di famiglia si contenti che la sua figliuola sappia recita­re l'Ufficio della Santissima Vergine, e leggere le vite de' Santi, ed alcun li­bro spirituale, e nel rimanente attenda a filare, e cucire, e ad occuparsi negli altri esercizj donneschi, per i quali vediamo che la Santa Scrittura commen­da la donna virile e forte, nella cui diligenza, e sollicitudine, e buon governo delle cose domestiche si riposa il cuore del suo marito [...]. Conchiudo per­tanto questa parte, non negando che ogni regola possa talora patire qualche eccezione; e dico però che il miglior consiglio, comunemente parlando, si è quello che le donne sieno contente degli ufficj proprj del sesso muliebre, e che lascino agli uomini quelli del sesso virile [...].