Introduzione
Quando Platone delineò la sua città ideale, propose che gli eventuali figli malformati venissero rinchiusi in un luogo oscuro e separato, con la chiara intenzione di farli al più presto morire. Aristotele auspicava una legge dello Stato che proibisse esplicitamente alle famiglie di allevare figli handicappati, legge che, come risulta da Cicerone, era esplicitamente stabilita dal diritto romano nella quarta delle Dodici Tavole. Tristemente note sono la rupe Tarpea e il monte Taigeto, da cui, rispettivamente, i Romani e gli Spartani usavano o gettare i bambini nati deformi. Anche nellantica Gerusalemme lattenzione per gli handicappati non aveva connotazioni positive. Taci tu, che sei nato tutto nei peccati: le parole con le quali i teologi ebraici misero a tacere il cieco guarito da Gesù sono lattestazione precisa della mentalità vigente, secondo cui la presenza del dolore era la prova della presenza del peccato.
Nel Medioevo, i bambini malformati venivano soppressi, il più delle volte, al momento della nascita (le levatrici avevano precise istruzioni al riguardo), e se sopravvivevano, era per unesistenza che non aveva quasi nulla di umano. In questo periodo storico le profonde fobie nei confronti del diverso avevano libero sfogo nelle relazioni sociali: nellimmaginario collettivo la figura dello storpio veniva demonizzata come maledetto, anche se, tuttavia, ai deformi venivano a volte attribuiti poteri di veggenza, o comunque di contatto con il mondo ultraterreno, e spesso, nelle comunità rurali, il deficiente era pietosamente tollerato Coloro che avevano un aspetto particolarmente deforme, venivano esibiti nelle fiere e nelle feste paesane come mostri da ammirare dietro pagamento, come risulta da numerose fonti, tra cui un passo dei Saggi di Montaigne.
Negli ambienti popolari si
protrasse oltre il tardo Medioevo lidea che gli individui malformati
nascessero da peccaminosi e inconfessati rapporti sessuali con animali, se non
con lo stesso diavolo, celato sotto forma di bestia. In ogni caso,
Nel periodo a cavallo tra Cinquecento e Seicento, la ragione divenne il tratto distintivo della civiltà. Questo nuovo atteggiamento escludeva coloro che non accettavano la ragion di Stato, la ratio normativa delle leggi e regole sociali, le ragioni della Chiesa, ed emarginava coloro che non erano in grado di esercitare la ragione perché non in età o non in senno. Per esempio, il fenomeno della possessione religiosa, che prima era rispettato, non è più ammissibile, piuttosto è sconcertante e sospetto, poiché può essere contagioso. Anche lo scemo del villaggio e il demente, non sono più tollerati come nel passato in quanto esseri innocenti o tramiti delle voci provenienti dallaldilà.
La razionalità era soprattutto quella che presiedeva alle Leggi di Natura, che diventarono, quindi, oggetto di studio per conoscerle e definirle in modo chiaro e inequivocabile. Lopera del Creatore era sana e perfetta: i deformi venivano allora considerati, ancora più che nel passato, inaccettabili eccezioni, che insidiavano la razionale costruzione delledificio classificatorio cui mirava la mentalità Sei-Settecentesca. Era, infatti, profondamente sentita la necessità di comprendere il mondo e la vita, attribuendo definizioni, etichettando cose, individui ed eventi. Lessere umano non era esente da questa operazione; anzi, la specie umana era indubbiamente da considerarsi la più perfetta, vero e proprio coronamento della creazione, in quanto immagine e somiglianza di Dio. Dunque, erano sommamente fastidiose ed indisponenti le mostruosità presenti in alcuni esseri umani, che deformavano la perfezione del corpo, o che mostravano deficienze proprio nel massimo dono divino e suprema caratteristica distintiva dagli animali, cioè lintelligenza
Ci si chiedeva come potevano
essere state violate le leggi naturali, causando simili errori, ma le
conoscenze scientifiche delluomo erano molto scarse ed inestricabilmente
legate a concezioni di ordine metafisico-teologico-fiolosofico. Se si
assistette ad un impetuoso sviluppo delle scienze in campi come la fisica, la
chimica, lottica, le scienze naturali, soprattutto grazie al perfezionamento
concomitante di strumenti di osservazione e alla sempre maggiore attività di
carattere sperimentale, ciò non accadde in egual misura per la conoscenza
delluomo. Le scienze mediche erano appena agli esordi, la fisiologia,
lanatomia, spesso non disponevano nemmeno della possibilità di procedere
allaccrescimento delle proprie conoscenze tramite losservazione, la
comparazione e lattività sperimentale, per motivi di ordine religioso e
ideologico. Inoltre, tra tutte le conoscenze relative alluomo, quelle che
riguardavano i processi generativi e procreativi erano certo le più arretrate.
Nella mentalità corrente poi, le idee non erano chiare nemmeno a riguardo della
connessione tra atto sessuale e concepimento, dato che lesperienza mostrava
come non fosse regolare il rapporto tra causa ed effetto. Ancora nel Seicento circolavano varie teorie
derivate dalla medicina degli umori ed altre basate su antiche credenze e
superstizioni, quando gli studiosi iniziarono a superare il ragionamento
deduttivo e laccettazione incondizionata di principi teologici e filosofici,
per basarsi sulla osservazione e sperimentazione. Harvey (15781657), che aveva
raggiunto notorietà e rispettabilità con le sue considerazioni sul flusso
sanguigno, basate su vivisezioni di animali e legatura delle vene, scrisse nel
1628 di aver constatato personalmente nei polli la graduale evoluzione
dellembrione a partire da un piccolissimo seme. Swammerdam (1637-1680),
che fornì contributi importanti alla
conoscenza della fisiologia dei muscoli, dei nervi, del cuore e della circolazione
sanguigna, nel 1667 collaborò con Van Horne (1621-1670) alle indagini
sull'apparato genitale femminile, che portarono alla formulazione della teoria
ovista; nel 1669 pubblicò una importante Historia insectorum generalis,
prima in olandese e poi tradotta in latino, in cui dimostrò che il fenomeno
della metamorfosi era una successione di stadi successivi in cui i diversi
organi apparivano già preformati. Nella stessa occasione elaborò la teoria
della preesistenza dei germi, o preformista dellincastro dei germi, stabilito
poi su basi filosofiche da Nicolas Malebranche (1638-1715) nel 1675. Secondo
questa teoria, complicata da disquisizioni teologiche, quando Dio creò Eva,
pose nelle sue ovaie e in quelle dei capostipiti femminili di ogni altro essere
vivente destinato a comparire dall'inizio alla fine del mondo, anche la sua
prole già preformata, in modo che al momento opportuno questi germi potessero
crescere e svilupparsi sino a generare nuovi individui. A loro volta, i
minuscoli individui contenuti nelle uova di Eva e delle capostipiti delle varie
specie, avevano nelle loro ovaie già preformati i germi dei loro figli, e così
via, concludendo che nelle ovaie della prima donna era già preformata l'intera
umanità.
Con la scoperta degli spermatozoi - noti all'epoca come animalcoli spermatici
o vermi spermatici - da parte del microscopista olandese Leeuwenhoek, nacque
una variante della teoria della preesistenza dei germi che poneva negli
spermatozoi anziché nelle uova il principio della vita, lasciando intatta la
struttura dell'incastro.
Si radicò la convinzione che, avendo ciascun individuo di ogni specie in sé il
germe della propria riproduzione, ogni specie permane immutabile tale quale fu
originariamente creata. La scienza dava dunque la certezza che le eccezioni, le
difformità, non erano altro che mostruosità, in quanto non aveva alcun
fondamento pensare ad un fallimento morfologico della Natura, o di possibili
errori di interpretazione delle sue leggi. Lindagine sugli eventi o sugli
agenti che dunque dovevano incidere sul corretto sviluppo dellembrione, diedero
un nuovo impulso allinteresse per la cosiddetta teratologia, ossia la
scienza delle anomalie.
La scienza e il Grande Internamento
NellEtà della Ragione e poi dei Lumi, sebbene questione più spinosa fosse la ricerca delle cause che consentissero di spiegare lesistenza di riprovevoli eccezioni, a cui non si riusciva a dare una chiara classificazione, rimaneva irrisolto il problema della presenza di esseri diversi, anormali e anomali e del modo in cui si poteva affrontare le loro specificità per ovviare agli inconvenienti che essi provocavano a se stessi e agli altri.
Già allinizio delletà moderna, le amministrazioni civili avevano aperto istituti in cui si dava ricovero ai bisognosi, cioè tutti coloro che non erano in grado di dare il proprio contributo alla società e che avrebbero quindi potuto esserle di peso. Il valenziano Luis Vives, nel suo trattato De subventione Pauperorum del 1526, definisce gli ospedali come case in cui si alimentavano e curavano gli infermi, ma anche dove si educavano bambini, si rinchiudevano i folli e in cui passavano la loro vita i ciechi .
Quando nel Seicento il potere
regio, la cultura scientifica e lopera moralizzatrice della Chiesa, nel
tentativo di razionalizzare e disciplinare la collettività sulla base di norme uniformi
di riferimento, convennero che il deforme, linutile menomato e il pericoloso
folle, erano fonte di turbamento, iniziò una risposta di carattere reclusivo e
segregativo che mirava a consentire la creazione di una società policé . Ha
inizio nel
Senza dubbio, in un epoca in cui la scienza era sempre più chiamata a dare spiegazioni e risposte, se non rimedi, la presenza più inquietante era quella della follia: la mancanza delle capacità di far uso della ragione, ciò che più di ogni altra cosa caratterizza luomo, quando oltretutto si constatava in un individuo la perfezione fisica, era un dato che spaventava. Inoltre, limpotenza della ragione nello spiegare la non-ragione, decisamente provocava sconcerto .
Foucault, in
Foucault individua come evento storico di grande rilevanza la fondazione, per decreto regio dell'Hôpital Général nel 1656: dal quel momento un cospicuo gruppo di edifici parigini vennero unificati e destinati all'assistenza dei poveri, dei folli, dei senza tetto. L'editto del re stabiliva che tutti costoro dovevano essere ospitati, nutriti e, in generale, assistiti. Benché i medici avessero ricevuto l'incarico di visitare periodicamente le diverse case di internamento, Foucault mette chiaramente in evidenza che esse non erano istituzioni propriamente mediche. Si trattava di luoghi dove folli, vagabondi e ribelli venivano messi tutti insieme, erano una sorta di entità amministrativa dotata di poteri autonomi, che aveva diritto di giudicare senza appello e di applicare le sue leggi allinterno dei propri confini: nessun fine psicoterapeutico, l'unico fine era la soppressione della differenza .
Foucault, nel suo libro, elenca le condizioni che resero possibile e necessaria l'apparizione delle case di internamento. Innanzitutto il lavoro, valore principale della nascente borghesia, considerato come imperativo sia morale che sociale. Nello statuto dell'Hôpital Général venivano indicati i pericoli che la mendicità e l'ozio rappresentavano per la città. Ma mentre in passato durante i periodi di grande disoccupazione la città si proteggeva dai vagabondi mettendo delle guardie alle sue porte, ora erigeva delle case di internamento all'interno delle sue mura. "Il disoccupato non è più scacciato o punito; lo si prende a carico, a spese della nazione ma a scapito della sua libertà individuale" . Questo legame tra benessere dell'individuo e controllo amministrativo dello stato, è il risultato di pressioni economiche e sociali. Così, "in tutta Europa l'internamento ha lo stesso significato, almeno se lo si considera nella sua origine. Esso costituisce una delle risposte fornite dal XVII secolo ad una crisi economica che colpisce tutto il mondo occidentale" .
Il folle viene anche rinchiuso per la sua pericolosità. Non cè ancora, allinizio del Grande Internamento, una nozione scientifica di follia e nel descrivere i folli la confusione è ancora grande con gli amorali, i libertini, i miscredenti, i sifilitici, i tentati suicidi, gli isterici e gli ebeti. La follia è disordine morale, incapacità di dominio su se stessi, quindi imputabile allo stesso soggetto; ed è identificabile soprattutto in seguito ai suoi effetti: delitti, atti impudichi, danni sul lavoro, inaffidabilità e pratica di azioni intollerabili .
Nel XVIII secolo, la pericolosa situazione igienica regnante negli istituti di internamento iniziò ad essere percepita come intollerabile dallopinione pubblica. Nei ceti superiori, essendovi ormai una consapevolezza diffusa che alcune turbe dellanima e della mente potevano essere considerate curabili, numerose persone riuscirono ad accettare il disturbo in quanto dato razionalizzabile, confessandolo. La frequente insorgenza di tensioni nervose, fisime, insofferenze, ipocondrie, vapori, isterie, ecc.(per richiamare i termini in uso allora), veniva ricondotta a cause di ordine fisico organico, quali intoppi nel flusso degli umori, problemi del flusso sanguigno o carenze nella secrezione da parte della bile e del fegato, a cause di ordine psichico interiore e a cause di ordine sociale e ambientale. Lambiente cioè condizionava con influssi negativi gli individui, in quanto si riconosceva la società, non solo come prodotto della civiltà, ma anche come condensato di errori, superstizioni, false credenze, illusioni, pregiudizi, dogmatismi che determinano luomo impedendogli a volte un corretto uso della capacità razionale .
Si auspicò allora un ritorno alla natura, la ricerca di un ambiente temperante in piena campagna; nacque il gusto dei paesaggi agresti e della vita semplice per contrasto con la vita urbana e mondana che corrompe la sensibilità. Anche la musica veniva evocata per il suo effetto terapeutico. Jean-Jacques Rousseau, con la sua vita e i suoi scritti, primo fra tutti le Confessioni, reinterpretò tutta la critica illuministica alla società, che a suo parere era troppo intellettualistica e razionalistica, per indirizzare maggiormente lattenzione verso linteriorità individuale. Riabilitando leducazione del cuore, linnocenza, lignoranza come non opposta a saggezza, la spontaneità e la modestia, mirava a ricostruire nellideale di vita semplice luomo naturale, che riflette su se stesso, sul mondo, e suoi reciproci rapporti, avendo una lucida consapevolezza delle costrizioni sociali, ma anche delle proprie responsabilità individuali, per non scaricare le proprie mancanze e le proprie colpe .
La fine del Grande Internamento
Ancora alla vigilia del moto
rivoluzionario, permaneva incertezza nelle classificazioni. Gli internati
deboli di mente, dementi, deboli di spirito soggetti ad eccessi di follia,
furiosi, epilettici nelle case coatte di Parigi erano definiti ugualmente
come alienati e persisteva una spiacevole coabitazione tra deboli e
furiosi. La separazione dei folli dai criminali e dagli indigenti iniziò solo
dopo
Secondo Foucault non si trattava di un semplice progresso in senso umanitario del modo di trattare l'altro, né tantomeno esso avanzava sotto l'egida della scienza. Foucault gli attribuisce due cause dirette. Dapprima vi fu una protesta di alcuni esponenti della nobiltà e alcuni intellettuali che, incarcerati per crimine, richiamarono l'attenzione sulla mescolanza di folli e criminali: essi chiedevano di non essere mescolati ai folli per timore di perdere anch'essi l'uso della ragione. La presenza dei folli nelle case di internamento appariva quindi un'ingiustizia; ma per gli altri . In secondo luogo si stava verificando un mutamento della sensibilità sociale e anche dei rapporti economici. La povertà, che era stata vista come un vizio e una minaccia per il corpo sociale, veniva ora vista come un vantaggio nascosto ma essenziale per la nazione: i poveri avrebbero accettato di lavorare anche per bassi salari, e non abbisognavano di un gran dispendio di risorse. Nacque così l'idea che la popolazione costituisse una importante risorsa economica e sociale nella formazione della ricchezza, e che pertanto dovesse essere presa in considerazione, organizzata e resa produttiva. L'internamento diventò così un "grossolano errore" e uno "sbaglio economico". L'internamento generale venne abolito e sostituito da un internamento più scientifico e specifico. Quanto ai folli, si avvertiva ormai la necessità che essi fossero liberati dalle loro catene e riportati alla normalità.
Negli edifici di internamento
furono i medici stessi a richiedere il riorientamento di quelle istituzioni
come luoghi di cura più che di carcerazione . Tra questi troviamo Philippe
Pinel, che venne nominato nel
Pinel aveva meditato a fondo sugli scritti di Condillac, riprendendo dal filosofo sensista le sue riflessioni sul fatto che la pazzia consiste principalmente in uno squilibrio nellattività di associazione delle idee, e lidiozia nella sua deficienza. In seguito aveva frequentato assiduamente il salotto di Mme Helvetius, stringendo rapporti con lambiente degli idéologues, tra cui, in particolare, Cabanis e Destutt de Tracy. Così, nel suo Traité sur la manie pubblicato nel 1800, tradotto in spagnolo nel 1804 e poi ampliato nel 1809 come Trattato medico filosofico sullalienazione mentale, attribuisce la genesi dei disordini mentali a vari favori concorrenti come lereditarietà, fattori fisici, genere di vita e leducazione ricevuta. Pubblicò anche una Nosografia filosofica e un trattato di medicina clinica; la sua opera poi continuata da Esquirol, è considerata di grande importanza nella storia della medicina, della psichiatria, della psicologia, per il suo tentativo di inferire dalla conoscenza degli alienati dati per la comprensione delluomo normale. La sua opera è indubbiamente anche una tappa fondamentale nellevoluzione di una considerazione nuova dei diversi in generale, e in particolare da quelli affetti da qualche lesione .
L'internamento generale venne abolito e sostituito da un internamento più scientifico e specifico. Quanto ai folli, si avvertiva ormai la necessità che essi fossero liberati dalle loro catene e ricondotti alla normalità.
Attraverso l'istituzione dell'asilo, il folle ora paziente posto sotto l'autorità del discorso psichiatrico è sottoposto ad un processo profondamente psicologico «dal quale non ci si libera se non [...] con il rimorso». I folli devono essere messi nella condizione di riconoscere che hanno trasgredito le norme etiche universali dell'umanità. Devono essere riportati ad una riaffermazione delle norme sociali riconosciute, tramite una serie di tecniche di ri-addestramento, di trasformazione della coscienza, e tramite una disciplina che operi sia sul corpo che sulla mente. Tra queste, l'estorsione sistematica della confessione che, secondo Foucault, svolge un ruolo centrale nella genealogia del soggetto moderno, come viene delineato a grandi tratti nella Storia della sessualità.
Pian piano, intrappolata nella rete delle scienze che si vanno formando e grazie alle opere ed al lavoro di Samuel Tuke in Inghilterra e di Philippe Pinel in Francia, la follia assume uno statuto sempre più specifico: mentre prima veniva trattata come fenomeno globale che riguardava sia lanima sia il corpo i rimedi utilizzati andavano sempre a toccare il corpo, proprio perché non era ancora nata una concezione psicologica della malattia ora essa comincia ad abitare sempre più solo linteriorità dellanima: nasce a poco a poco lhomo psycologicus:
«E fu a partire da quel momento che la follia cessò di essere considerata come un fenomeno globale che colpiva al tempo stesso, attraverso limmaginazione e il delirio, il corpo e lanima. Nel nuovo mondo manicomiale, in quel mondo morale del castigo, la follia diventa un fatto che concerne essenzialmente lanima umana, la sua colpa e la sua libertà; essa si inscrive oramai nella dimensione dellinteriorità; in tal modo, per la prima volta nel mondo occidentale, la follia si ritroverà a godere di uno statuto, di una struttura e di un significato psicologici. [...] La scoperta di ciò che va sotto il nome di psicologia della follia non è altro che il risultato delle operazioni con cui la follia era stata investita. Senza il sadismo moralizzatore, con il quale la filantropia del XIX secolo ha circondato la follia sotto le ipocrite apparenze di una "liberazione", questa psicologia non esisterebbe affatto».
L'emergere della figura del personaggio medico costituisce, quindi, una tappa fondamentale: è attraverso la figura del medico che la follia diventa malattia mentale, ed è perciò integrata, in quanto oggetto di studio, nel campo della medicina; tuttavia nella Storia della follia è sottolineata soprattutto limportanza attribuita all'integrità morale della figura del medico piuttosto che il suo status scientifico: non è come scienziato che egli acquista autorità nell'asilo, ma come saggio, come garanzia giuridica e morale.
La tappa successiva nella storia della ragione e della follia è rappresentata per Foucault dal lavoro di Freud. «Nei riguardi del medico, Freud ha fatto scivolare tutte le strutture che Pinel e Tuke avevano preparato nellinternamento. Ha liberato il malato da quellesistenza nellasilo alla quale lavevano condannato i suoi liberatori ma non lha liberato da ciò che vi era di essenziale in quellesistenza; ne ha raggruppato i poteri, e li ha tesi al massimo, annodandoli tra le mani del medico; [ ] il medico, come figura alienante, resta la chiave della psicanalisi» Il padre della psicoanalisi deve, infatti, la sua importanza, secondo Foucault, al fatto di aver isolato e posto in rilievo, in quanto oggetto di studio scientifico, il rapporto medico-paziente, inteso come la componente essenziale del trattamento della malattia mentale. «Freud ha demistificato tutte le altre strutture dell'asilo: ha abolito il silenzio e lo sguardo, ha cancellato l'autoriconoscersi della follia, ha fatto tacere tutte le istanze di condanna. Ma in compenso ha sfruttato la struttura che avvolge il personaggio medico; ha ingrandito le sue virtù da taumaturgo, preparando uno statuto quasi divino alla sua onnipotenza». Malgrado il decisivo superamento della mentalità dell'asilo Freud mantenne un fondamentale tratto autoritario affidando la persona mentalmente disturbata al fascino prestigioso del medico dell'anima.
La liberazione degli alienati : gigantesco
imprigionamento morale
Foucault conclude la sua Storia della follia con alcuni riferimenti estremamente densi, rivolti ad una forma fondamentale di alterità che sta al di là della portata della ragione e della scienza e che, seppure in modo misterioso, sembra essere all'origine della loro stessa possibilità. Poeti come Artaud, Hölderlin e Nerval, pittori come Van Gogh e Goya, lo stesso Nietzsche sono in qualche modo sfuggiti al gigantesco imprigionamento morale e hanno, secondo Foucault, intravisto questa esperienza fondamentale della sragione, la quale esige di superare i limiti imposti dalla società.
Nellepoca moderna assistiamo alla nascita di un processo di riassorbimento sempre più ampio di ciò che prima costituiva lescluso, lAltro assoluto, lincomprensibile e lincontrollabile, ma questo non avviene nellordine della riconciliazione di ciò che era stato separato, bensì nellordine del dominio e della vittoria di una parte sullaltra. Ora anche la follia viene fatta rientrare nello statuto delloggettività scientifica, e quindi non è più esclusa in quanto disordine incontenibile, ma riassorbita nelle maglie della ragione come suo oggetto, non più come suo opposto, come sua rivale e speculare nemica. Per questo Foucault potrà ipotizzare un futuro prossimo in cui la follia, nel suo essere trasgressione, essenza tragica delluomo, rischierà di scomparire quasi del tutto, lasciando di sé soltanto una traccia sfumata e silenziosa; assorbita nella monovalenza di una ragione ormai completamente trionfante:
«Forse, un giorno, non sapremo più esattamente che cosa ha potuto essere la follia. [...] Artaud apparterrà alla base del nostro linguaggio, e non alla sua rottura; le nevrosi, alle forme costitutive (e non alle deviazioni) della nostra società. Tutto quel che noi oggi proviamo relativamente alla modalità del limite, o della estraneità, o del non sopportabile, avrà raggiunto la serenità del positivo. [...] Quale sarà il supporto tecnico di questo mutamento? La possibilità per la medicina di padroneggiare la malattia mentale come una qualsiasi affezione organica? [...] O altre modificazioni ancora, nessuna delle quali forse sopprimerà realmente la malattia mentale, ma che avranno tutte il significato di cancellare dalla nostra cultura limmagine della follia? So bene che avanzando questultima ipotesi io contesto ciò che è comunemente ammesso: che i progressi della medicina potranno far scomparire completamente la malattia mentale, come già la lebbra e la tubercolosi; ma so che una cosa sopravviverà, e cioè il rapporto tra luomo e i suoi fantasmi, il suo impossibile, il suo dolore senza corpo, la sua carcassa durante la notte.»