I Ricordi (dispense)
I Ricordi
1554
6.
O magno Carlo, o nuovo Cesare, alli tempi nostri per le tue virtù eletto da Dio secondo il cuor suo Imperator Romano, per difensione et ripartitione et istauratione dello afflitto, povero et sconsolato Cristianesimo, il quale havea et del tuo valore maggiore bisogno che del pane quotidiano, se desideri fare (come ogn'un crede) la pia, santa et religiosa impresa à te riserbata contra infedeli avanti ogni altra cosa riforma, correggi, castiga, emenda, rinnova questi dissoluti et licentiosi essercitij, per non dire sceverati, riparali, ristorali con huomini nobili, degni et virtuosi, accioché con lo aiuto et favore del Cielo, con le vittoriose armi possi guadagnare, anzi ricuperare li gran paesi, li Regni et gli Imperij ingiustamente usurpatida infedeli et perfidi cani con le Cristiane virtù et Cristiani costumi, et acquistare alla fede et devotion di N. S. Giesu Cristo quelle meschine anime, le quali gabbate dalla scelerata setta del perfido Maumetto tutta via si perdono, il quale sarà un guadagno, uno acquisto più precioso, grato et caro à N. S. Dio, quanto una sola anima vale più che tutto il Mondo. Vero è che se la militia fosse santa et religiosa, come già fu alli tempi antichi, quando gli huomini non mossi et spinti dall'autoritia, ma dalla cupidità della gloria et dell'amore della patria, andavano alla guerra solo per acquistare fama et honore et questi tali delli loro ordinari soldi et stipendi contenti vivevano honestamente, secondo le leggi et buone usanze della militar disciplina, io certo consigliarei et essercitarei li padri mettere i figliuoli quando inclinati fossero all'armi, ma perche veggio le cose di essa militia molto disordinate et conquassate, lasso il tutto in arbitrio loro per non rendere conto à Dio nello estremo giuditio di tal conseglio, et esortatione.
Gli è rimasta la mercantia, la quale alli tempi nostri è si degno et honorato esercitio che nessun gentil’huomo privato, per grande che sia, si può vergognare e sdegnare mettervi gli figliuoli, poi che li Venetiani, li quali fanno tanta professione di nobiltà che quasi beffe si fanno delli gentil’huomini di Terraferma, tutti essercitano la mercantia, et li più nobili tra loro sono li maggiori mercanti.
Il medesimo essercitano i Fiorentini, li Genovesi, li Bolognesi, Senesi, Lucchesi, ancora essi molto antichi et nobilissimi gentil’huomini et cittadini, e non solo questi, ma alcuni gran Signori d’Italia con poco onore et riputatione delle loro dignità et gradi, non senza macchia assai d’avaritia essercitano la mercantia, di sorte che a loro meritamente si può dire, come disse il Conte Giacobo Piccinino essendogli presentato un salvo condutto di Pio II, degnissimo Pontefice, nel cui principio erano posti gli soliti titoli (“Pius II diu provid servus servorum Dei etc.”), quelli letti disse, et special di Siena ancora; per tanto io eshortarò il padre nobile mettere il figliuolo, quando esso gli sia inclinato, alla mercantia, intendendo sempre però della mercantia lecita, giusta, honesta, leale, sincera senza inganni, senza dupplicità, senza bugie, senza pergiuri, ma sopra tutto senza mal’odore di contratti dishonesti et illeciti, di usura o della morbiola, come si dice in alcune bande della Romagna, ove sono molti, alli cui nasi tale odore non offende punto, anzi più tosto gli aggrada, e questi per maggiore honestà hanno battezzata la usura per merito. E dicono: “io ho dato denari a merito”; et quei l’altro: “io tengo denari à merito, e certo se questo è merito il Mondo verrà presto al fine, perche li salvi et eletti saranno tanti che tosto si empieranno le seggie vote del Paradiso, le quali piene che siano, secondo alcuni gran savi, verrà la consumation del Mondo.
Gli è rimasta la mercantia, la quale alli tempi nostri è si degno et honorato esercitio che nessun gentil’huomo privato, per grande che sia, si può vergognare e sdegnare mettervi gli figliuoli, poi che li Venetiani, li quali fanno tanta professione di nobiltà che quasi beffe si fanno delli gentil’huomini di Terraferma, tutti essercitano la mercantia, et li più nobili tra loro sono li maggiori mercanti.
Il medesimo essercitano i Fiorentini, li Genovesi, li Bolognesi, Senesi, Lucchesi, ancora essi molto antichi et nobilissimi gentil’huomini et cittadini, e non solo questi, ma alcuni gran Signori d’Italia con poco onore et riputatione delle loro dignità et gradi, non senza macchia assai d’avaritia essercitano la mercantia, di sorte che a loro meritamente si può dire, come disse il Conte Giacobo Piccinino essendogli presentato un salvo condutto di Pio II, degnissimo Pontefice, nel cui principio erano posti gli soliti titoli (“Pius II diu provid servus servorum Dei etc.”), quelli letti disse, et special di Siena ancora; per tanto io eshortarò il padre nobile mettere il figliuolo, quando esso gli sia inclinato, alla mercantia, intendendo sempre però della mercantia lecita, giusta, honesta, leale, sincera senza inganni, senza dupplicità, senza bugie, senza pergiuri, ma sopra tutto senza mal’odore di contratti dishonesti et illeciti, di usura o della morbiola, come si dice in alcune bande della Romagna, ove sono molti, alli cui nasi tale odore non offende punto, anzi più tosto gli aggrada, e questi per maggiore honestà hanno battezzata la usura per merito. E dicono: “io ho dato denari a merito”; et quei l’altro: “io tengo denari à merito, e certo se questo è merito il Mondo verrà presto al fine, perche li salvi et eletti saranno tanti che tosto si empieranno le seggie vote del Paradiso, le quali piene che siano, secondo alcuni gran savi, verrà la consumation del Mondo.