Nasce a Coldirodi presso Sanremo il 26 settembre 1867, e poco tempo prima già la morte aveva segnato la vita della sua famigliola privandolo del papà. Orfano già prima di nascere ebbe sempre una particolare attenzione per questa categoria dimenticata.
Avviato agli studi ha sempre dimostrato passione per la conoscenza, da subito grande e assiduo studioso, è stato considerato sempre uno dei migliori studenti. Ugualmente alla formazione intellettuale ed umana non manca di unire una profonda formazione spirituale. Entrato nell'Ordine dei Barnabiti, dopo la professione religiosa emessa nel febbraio 1887, si avvia a diventare Sacerdote di Cristo, viene ordinato il 5 aprile 1890, appena ventitreenne.
Proprio quest’ansia spirituale di annunciare il vangelo lo porta ad essere continuamente in ricerca, allargando sempre più gli orizzonti della sua conoscenza. La sua esistenza di quegli anni successivi alla Teologia è completamente presa da quattro interessi predominanti: gli studi universitari, la fervida attività pastorale, l’inizio della sua “carriera” oratoria e importante la sua particolare attenzione sulla questione sociale, siamo negli anni infatti di Papa Leone XIII e della sua “Rerum novarum”.
Uomo dagli infiniti orizzonti culturali è stato amico e confidente di grandi uomini della cultura, continuamente aperto a nuove correnti di pensiero e sempre attento al cambiamento dei tempi. Merita memoria il suo impegno per il progresso della società e per una reale conciliazione tra la Chiesa e la Patria, convinto che solamente l’ingresso dei cattolici nel mondo sociale poteva rinnovare umanamente, socialmente e spiritualmente l’amata Italia. Profeta ha saputo già precedentemente assumere in sé quello che il Concilio Vaticano II avrebbe poi espresso, annunciando sempre con la vita, le opere e la parola la necessità di un nuovo cristianesimo dinamico, lontano dalle sacrestie e dai salotti dei benpensanti, non più superficiale e convenzionale, politico e diplomatico, insomma un pseudocristianesimo prevalentemente esteriore, di apparenza, ma un cristianesimo che abbattuti ogni confine fosse aperto al dialogo, all’uguaglianza, alla reale fraternità tra le genti, un cristianesimo evangelico che avesse come fondamento la Carità.Obiettivo primo del suo impegno di carità era, infatti, per il Semeria, quello di educare alla generosità e alla cultura attraverso la responsabilità e il sacrificio. Un’educazione sinceramente cristiana non poteva che essere, per lui, “educazione della volontà”. Volontà di servizio, volontà di azione. E la Gaudium et Spes ne confermerà la coerente prospettiva ecclesiale allorquando ribadirà, nel 1965, che trascurando i suoi impegni di carità verso il prossimo, verso lo stato, verso chi è povero, ammalato, bisognoso, il cristiano non solo trascura i suoi doveri verso i fratelli ma anche quelli verso Dio stesso, mettendo, così, in pericolo la propria salvezza eterna. A ciascun cristiano non resta che prendere coscienza, quindi, delle proprie responsabilità – quelle che lo vogliono testimone e insieme strumento della missione della Chiesa stessa secondo la misura del proprio carisma - per collaborare alla realizzazione del progetto divino senza aspettarsi troppo dalla gerarchia, senza pretendere dal clero altro che luce e forza spirituale. La stessa scuola, per lui, fuggendo ogni tentazione di ipertrofia intellettuale, doveva rifiutare ogni possibile rischio di anemia morale perché in una condizione nella quale tutti parlano di morale rincorrendo l’onore, la ricchezza e il piacere, oltre a danneggiare i diritti dell’anima, si logorano, anche, i più basilari criteri di giustizia e di onestà.
Resta impresso il suo coraggio e la sua determinatezza nell’essere uomo senza confini. Spinto dalla sua volontà di conoscenza e dialogo si spinge fino alla lontana Russia per incontrare gli operai italiani che li lavorano e lo scrittore Leone Tolstoi.Un incontro rimasto alla storia, ma che provocò per il Semeria una vera burrasca di prove e persecuzioni.Padre Semeria è un uomo di grande onestà spirituale, coerente in tutte le sue scelte, non sa ingannare e prendere in giro, quindi continua ad essere fino in fondo difensore di quel cristianesimo evangelico che tanti si aspettano. In un tempo difficile, come quello che si apriva al nuovo secolo, dove il modernismo viene mal compreso, egli è messo all’indice, quindi tanti suoi calunniatori e nemici hanno la meglio. I superiori per smorzare ogni polemica lo trasferiscono in Belgio, ed egli come sempre obbediente parte senza battere ciglio. Ha sempre verso i poveri un’attenzione particolare e diventa popolare in tutta Bruxelles.
Intanto l’Italia è coinvolta nell’inevitabile guerra del 1915-18 ed egli, che a quel tempo si trovava nel canton Ticino a curare spiritualmente gli operai italiani, si arruola come cappellano militare ed è chiamato direttamente ad assistere il comando supremo. Inviato ad Udine il 13 giugno 1915 lui, amante della pace e fratello d’ogni uomo, assiste addolorato al martirio di tanti uomini innocenti sacrificati per l’amore e la libertà della Patria.
Qui incontra il prete Don Giovanni Minozzi e tra i due nasce una profonda intesa ed una grande e fraterna amicizia. Entrambi di larghe vedute e innamorati dell’umanità, non possono non occuparsi della salute spirituale e psicologica di quegli uomini al fronte. Per essi creano due istituzioni che risultano essere un balsamo: le bibliotechine e le case dei soldati. Nelle prime i soldati trovano la possibilità delle buone letture e di tenere la mente impegnata; nelle seconde essi si ritrovano insieme a dialogare, a distrarsi, ad accrescere il gran dono dell’amicizia e della fraternità. L’assistenza spirituale di questi due colossi è memorabile.
Sui campi di battaglia i due amici raccolgono dalla bocca delle migliaia di soldati caduti una sfida, un impegno, raccogliere alla fine della guerra quegli orfani che la Patria ha immolato vittime. Al termine di quella immane tragedia si ritrovano dinanzi a Dio e alla loro coscienza con quell’impegno e senza nulla anteporre alla promessa fatta girano l’Italia, specialmente nel sud e nel centro dove la guerra ha fatto maggiori vittime e dove la povertà è più eclatante, per raccogliere gli orfani e consolare le tante povertà. Dal cuore di Padre Semeria, cooperato da Don Giovanni Minozzi, nasce l’Opera per il Mezzogiorno d’Italia.
La sua esistenza non trova un attimo di tregua, si fa pellegrino dappertutto per aiutare l’opera a crescere, ovunque impegna la sua attività di oratore per il bene dei suoi orfani.
Nel pieno dell’attività la morte lo coglie, esausto ma non stanco, mentre si trova a Sparanise di Caserta, dove è andato a salutare i suoi orfanelli. È il 15 marzo 1931.
Ultime modifiche: mercoledì, 22 gennaio 2014, 11:40